Cari lettori del blog,
buongiorno!
Vorrei condividere con voi questa bellissima frase scoperta preparando questo post: “Un colore senza materia non esiste. La bellezza della materia deve sopravvivere anche alla forzatura del pennello. Solo attraverso screpolature ed erosioni o magari una mutazione di colore sopravvenuta inaspettatamente possiamo scoprire la bellezza intrinseca nelle sostanze coloranti... Io credo che la prima cosa da fare sia liberare il colore dal pennello... Se in procinto di creare non si getta via il pennello non c'è speranza di emancipare le tinte. Senza pennello le sostanze coloranti prenderanno vita per la prima volta. Al posto del pennello si potrebbe usare con profitto qualsivoglia strumento”.
L’artista che ha pronunciato queste parole è Shozo Shimamoto, e l’esposizione di cui vi scriverò si intitola:
Shozo Shimamoto – Samurai, acrobata dello sguardo 1950-2008じゃあね
La mostra è una retrospettiva di questo artista nipponico che si propone di documentare il percorso artistico del maestro dalle prime opere fino a quelle più recenti realizzate per l’ultima Biennale di Venezia e alle performance di Napoli e Capri dello scorso maggio.
Sarà possibile visitarla fino all’8 marzo 2009 a Genova presso il Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce.
Nato a Osaka nel 1928, Shimamoto è uno dei maggiori esponenti e co-fondadore del movimento artistico Gutai, formatosi nel 1954 nella regione Kansai, in Giappone.
Il nome del movimento in giapponese significa “Associazione dell’arte concreta” ed è stata fondata con lo scopo di liberare l’arte dalle convenzioni e dal peso della tradizione, sia Orientale sia Occidentale. La loro attività artistica è rivolta alla ricerca dell’espressività intrinseca del colore, inteso come materia, il quale non deve più essere guidato dalla gestualità del pennello, ma deve essere lasciato libero di manifestarsi nella sua corporeità.
La frase che vi ho riportato all’inizio è tratta dal testo programmatico che Shozo Shimamoto scrisse nel 1957, ed è diventato, con il tempo, la cifra distintiva della sua poetica: la continua riflessione e sperimentazione sul linguaggio artistico e sulla materia che è luce, energia, colore.
Per “liberare il colore dal pennello” gli artisti del gruppo Gutai lo sostituiscono con strumenti che, in vario modo, riescono a esaltare le sue caratteristiche come: mani, piedi, pattini, giocattoli, annaffiatoi, cannoni. L’arte diventa Azione, Evento Performance e l’artista diventa spettatore del rivelarsi della materia colore; colore che viene lanciato “sulla tela” mediante armi da fuoco, gru, elicotteri, o impressionato su di essa tramite il proprio corpo.
Le opere di Shimamoto sono testimoni della sua continua esigenza di sperimentazione che si traduce nell’adoperare varie tecniche, nel cambiare supporti e dimensioni.
L’artista, accanto alla sua attività creativa, si è impegnato in maniera particolare per l’affermazione e la difesa della pace. La sua produzione pittorica vuole essere anche un modo per stimolare energie vitali in grado di sostenere un sentire pacifista; per questo nel 1996 è stato candidato al Premio Nobel per la Pace.
Ed infine una breve descrizione della mostra che Genova ospiterà ancora per un paio di mesi:
Il percorso, suddiviso in decenni, prende avvio dalle opere risalenti ai primi anni '50: a quell'epoca Shimamoto è allievo del Maestro Jiro Yoshihara che lo spinge a sperimentare nuovi linguaggi e a cercare nuove forme d'espressione. Nascono, quasi per caso, i primi lavori, i buchi, realizzati facendo agire i pigmenti di colore su diversi strati di carta di giornale sovrapposti. I buchi di Shimamoto risalgono al 1950, ovvero sono anticipatori delle illustri creazioni di Lucio Fontana. Questa rivelazione comporta un rinnovato interesse da parte della critica americana nei confronti dell'artista giapponese, che viene così inserito nelle maggiori enciclopedie e nei manuali di storia dell'arte. Inoltre Il buco che infrange lo schermo della superficie è il risultato del contatto fisico tra artista, superficie e colore; la traccia di quel contatto, l’esito di un’azione, non una scelta di tipo mentale, come nel caso di Fontana. All'interno della stessa sezione dedicata ai lavori anni'40 e '50 sono presenti anche le opere Gutai di action painting e ambientale. A rappresentare quest'ultima tipologia è la ricostruzione eseguita dall'artista dell'installazione intitolata “Prego, camminate qui sopra”. L'originale era stata costruita per la “Seconda Esposizione Gutai all'aperto del 1955, tenutasi nel parco della città di Ashiya. Il camminamento, che rientrava all'interno di un progetto collettivo di intervento creativo su di uno spazio fisico, coinvolgeva direttamente lo spettatore, che era invitato a percorrere l'opera e a relazionarsi con essa. A completare questa sezione, fotografie d'epoca e video storici documentano le mostre e le prime iniziative Gutai.
La Seconda sezione prende in considerazione gli anni Sessanta. L'arrivo del critico francese Michel Tapié in Giappone nel 1957, accompagnato da Georges Mathieu, cambia le sorti del Gruppo Gutai e dello stesso Shimamoto: l'assimilazione dell'espressione artistica Gutai all'Informale, che veicola il suo linguaggio verso un pittoricismo sempre meno caratterizzato da forme oggettuali e processuali, viene compensata dall'azione di promozione internazionale con cui il critico porta il gruppo fuori dal Giappone. I quadri e le tele di Shimamoto, così come quelle di tutti i componenti del Gutai, pur conquistando le sale espositive europee e americane, non rinunciano all'azione, che diventa il fulcro della realizzazione pittorica. Le opere sono frutto di una performance, di un'azione, di un nuovo tipo di tecnica, che risale al 1956 e che consiste nel lanciare con violenza e senza alcun tipo di filtro mentale e intellettuale le sostanze coloranti all'interno di bottiglie contro la tela (bottle crash).
Gli anni Settanta e Ottanta prevedono l'esposizione di serigrafie realizzate nell'ambito del progetto Mail Art. A documentare questa fase dell'artista, fotografie delle sue azioni e performances con il gruppo AU (Union Artist).
Gli anni Novanta sono rappresentati dai Bottle Crash, opere eseguite utilizzando la tecnica da lui stesso inventata nel lontano 1956.
L'ultima sezione documenta gli anni più recenti della sua espressione artistica: Shimamoto crea le sue tele esclusivamente durante eventi-performance nei quali lo spazio (piazza urbana, monumenti pubblici, musei e gallerie) il pubblico, i performer, gli strumenti e gli oggetti utilizzati per il lancio del colore costituiscono una sempre nuova e imprevedibile relazione. Le opere saranno quindi accompagnate da una ricca documentazione fotografica delle perfomance che assume, negli anni più recenti, un ruolo centrale a discapito dell'esito pittorico. L'elemento sonoro, fondamentale nella realizzazione delle performance, sarà presente a completare l'allestimento, ricreando la spettacolarità, la processualità e la teatralizzazione delle sue operazioni artistiche.
Nel 1998 viene scelto come uno dei quattro più grandi artisti del mondo del dopoguerra assieme a Jackson Pollock, John Cage e Lucio Fontana, per un'esposizione al MOCA di Los Angeles.
Le sue opere si trovano nei maggiori musei del mondo, tra cui Tate Gallery, Centre Pompidou, Galleria di Arte Moderna di Roma, Art Museum di Berna, Galleria d'arte Moderna di Venezia e in quasi tutti i musei giapponesi.
In sintesi:Shozo Shimamoto – Samurai, acrobata dello sguardo 1950-2008Un ringraziamento particolare all’Associazione culturale Giappone in Italia.
Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
Via Jacopo Ruffini 3
16128 Genova
Dal 13 Novembre 2008 fino all'8 Marzo 2009
Orario:
Da martedì a venerdì ore 9.00 – 18.00
sabato e domenica ore 10.00 – 18.00
Lunedì chiuso
(gli orari possono variare, verificare sempre per telefono)
Per informazioni:
Telefono: (+39)010 585772
Telefono: (+39) 010 580069
Fax: (+39)010 532482
Email: museocroce@comune.genova.it
Sito Web: www.museovillacroce.it
Sito Web: www.shimamotogenova.org
Michela
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